
Nel bel mezzo degli elettrici anni Novanta, Franco Battiato piomba con “L’Imboscata”, suo diciannovesimo album di studio e, a mio avviso, uno dei più riusciti.
“L’Imboscata” è un disco fondamentalmente rock, sulla scia del magico decennio che tanto splendido materiale ha prodotto al riguardo, e la line-up non scherza: alle chitarre, taglienti come in pochi altri lavori del Maestro, spicca David Rhodes, che vanta al suo attivo collaborazioni con artisti del calibro di Peter Gabriel nonché la composizione della soundtrack del film di animazione “La Gabbianella e il Gatto”; al basso troviamo invece una vecchia conoscenza del panorama italiano, quel Saturnino Celani storico bassista di Jovanotti e coautore di alcuni fra i brani più di successo; alla batteria Gavin Harrison, attualmente membro di band icone del progressive come i Porcupine Tree e i King Crimson.
Battiato prosegue in quest’album la collaborazione ai testi con il filosofo siciliano Manlio Sgalambro, già avviata col precedente “L’ombrello e la macchina per cucire”, non facendosi mancare neanche alcune ospitate di un certo calibro, come ad esempio Antonella Ruggiero nelll’iniziale e rockeggiante Di Passaggio, introdotta dalla voce di Sgalambro che legge in greco il testo di Eraclito, il filosofo greco del “Panta Rei”, in un brano sullo scorrere eterno del tempo e sulla caducità dell’essere umano, in cui lo stesso filosofo viene citato integralmente come metafora del succedersi incessante delle mode e delle abitudini (Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, né prevedere i cambiamenti di costume).
E il rock non manca in uno dei pezzi che entrerà di diritto nel repertorio del Maestro, quella Strani Giorni pesantamente rockeggiante in cui le rime tratteggiano, fra strofe in italiano e in inglese, la violenza della storia umana dagli albori ai giorni nostri, quella dell’Uomo Neozoico dell’Era Quaternaria, una definizione paleontologica che non può che riportarci alla preistoria dell’essere umano (Mi lambivano suoni che coprirono rabbie e vendette di uomini con clave ma anche battaglie e massacri di uomini civili.)
Il disco si dipana poi in brani che uniscono, come ormai siamo abituati a sentire, atmosfere classicheggianti con suoni elettronici e sintetizzatori, come in Amata Solitudine e la bizzarra ..ein Tag aus dem Leben des kleinen Johannes con un ritmo quasi tribale a sovrastare le delicate note del pianoforte, accompagnate dal mantra di Giovanni Lindo Ferretti, così come gli episodi pop-rock di Memorie di Giulia e Serial Killer.
Ma “L’Imboscata” è soprattutto l’album che contiene uno dei brani di Battiato più celebrati, quel La Cura che entra di diritto nell’Olimpo dei pezzi d’amore più belli della musica italiana di tutti i tempi, una ballata lenta in cui gli archi sostengono i testi illuminatissimi del cantautore etneo, un inno all’eterna preservazione della persona amata al di là del tempo, a partire dal famosissimo ritornello Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare […]Perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te: chiamarla capolavoro è dire poco.
L’articolo Il Disco della Domenica: Franco Battiato, “L’Imboscata” proviene da GAS – Quello che in Ticino non ti dicono.
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